COMUNICATO STAMPA
ASTENSIONE DALLE UDIENZE PENALI
27-28 GIUGNO 2022
“Gli avvocati penalisti riminesi, rappresentati dalla Camera Penale di Rimini, si asterranno dalle udienze nelle giornate di lunedì 27 e martedì 28 giugno, condividendo e aderendo alla protesta proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
Anche in questa occasione le ragioni della mobilitazione degli avvocati risiedono nella primaria esigenza di garantire ai cittadini, anzi ripristinare, le regole del Giusto Processo, che dopo decenni di battaglie sono state introdotte nel 1999 nella Costituzione Repubblicana.
In gioco vi è la regola, tanto basilare da apparire ovvia, che il giudice che pronuncia la sentenza nel processo penale deve essere lo stesso giudice che ha raccolto le prove nel corso del processo, ascoltando i testimoni, le parti ed i periti presenti davanti a lui nell’aula di udienza. Invero, è oramai dato acquisito da tempo dalla scienza che il 70/80% delle informazioni che raggiungono la corteccia cerebrale passa attraverso gli occhi (recenti studi Università di Siena- Dipartimento di Scienze della Comunicazione) con la conseguenza che la mera asettica lettura dei verbali di un’udienza alla quale il giudice non ha partecipato direttamente, non è sufficiente a garantire una corretta valutazione dell’attendibilità del dichiarante.
Parrebbe un principio ovvio e scolpito nella pietra, che non può essere derogato per difficoltà connesse alla organizzazione degli Uffici Giudiziari che dovrebbero sempre essere recessive rispetto alle garanzie difensive di un cittadino.
Ma così non è, non lo è ormai da diverso tempo.
Con il pretesto del rischio della prescrizione del reato, infatti, è invalsa negli ultimi anni una giurisprudenza che progressivamente si è fatta strada, tesa a svilire tale principio in nome delle declamate
esigenze di “speditezza ed efficienza” dei processi, che risulterebbe frustrata ogniqualvolta il mutamento della persona fisica del giudice, monocratico o componente del collegio, dovuto ad un trasferimento di sede, all’assegnazione al magistrato di nuove funzioni, al collocamento fuori ruolo o al suo pensionamento, determina (anzi determinava) la necessità di rinnovare l’intera istruttoria davanti al nuovo giudice, mediante la convocazione e l’audizione, per una seconda volta, dei testimoni già escussi dal giudice precedente.
Il fenomeno, in effetti, ha assunto negli anni una dimensione statisticamente importante, per la girandola ininterrotta dei giudici, tra sedi e funzioni cui sono destinati a loro richiesta o d’ufficio dal CSM.
Nel 2019 la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha sigillato l’orientamento interpretativo volto a consentire la utilizzabilità nel processo delle prove raccolte da un giudice poi sostituto durante il prosieguo del dibattimento da quello che viene chiamato ad emettere la sentenza limitandosi a rileggere sulla carta le testimonianze raccolte de visu dal giudice che lo ha preceduto.
Ciò, in spregio ai principi dell’oralità e dell’immediatezza, che hanno sempre contraddistinto il processo accusatorio dibattimentale, ritenuti pilastri irrinunciabili di una decisione giusta resa all’esito del processo giusto.
La frequenza, soprattutto nelle grandi città, del mutamento del giudice nel corso del processo ha assunto negli anni un livello allarmante, per il sacrificio che comporta al principio dell’oralità della prova nel dibattimento, per effetto della autorizzata lettura dei verbali assunti davanti ad un giudice diverso da quello che pronuncia la sentenza.
A Rimini, per fortuna, tale fenomeno ha assunto dimensioni ridotte negli ultimi anni, grazie ad una Sezione Dibattimento del Tribunale Penale tendenzialmente stabile e composta da giudici che ormai svolgono da tempo le funzioni nel nostro Foro. Ma anche a Rimini, proprio in questi giorni, si sta inevitabilmente riproponendo il problema, a causa del passaggio di funzioni verso la Sezione GIP di un giudice, Presidente di uno dei tre Collegi giudicanti, che non potrà, giocoforza, concludere tutti i processi in corso nel suo ruolo pronunciando per ciascuno di essi la sentenza.
L’allarme più volte lanciato dai penalisti italiani, appoggiati dal mondo accademico, per la statistica impressionate assunta dal fenomeno lungo i Tribunali italiani, ha trovato ascolto nella recente proposta di riforma introdotta per volontà del Ministro della Giustizia Marta Cartabia con la Legge Delega n. 234 del 2021, la cui attuazione è attesa nelle prossime settimane attraverso i Decreti Legislativi delegati che dovranno essere emanati dal Governo.
Nella Riforma Cartabia, infatti, si riafferma il principio fondamentale dell’assunzione della prova da parte dello stesso giudice che sarà poi chiamato a pronunciare la sentenza di assoluzione o di condanna dell’imputato, che potrà al più essere derogato unicamente dalla videoregistrazione integrale delle prove orali assunte nel dibattimento, con l’obbligo, per il giudice che subentra, quantomeno di visionare il filmato delle testimonianze, senza potersi più limitare alla mera lettura della carta, cioè del resoconto stenotipico dell’udienza in cui si è svolta l’audizione dei testimoni.
Ed è proprio in questa chiave che i penalisti italiani hanno deliberato di astenersi da tutte le udienze per ben due giornate, al fine di rivolgere una esortazione di dialogo e di attenzione al Governo, chiamato nei prossimi giorni a tradurre in norme positive le indicazioni scritte nella Legge Delega “Cartabia”, senza sconti o svalutazioni di sorta al principio della oralità.
In conclusione, quello che dev’essere chiaro è che sulla garanzia del diritto alla difesa del cittadino nel processo penale, troppo spesso svilito negli ultimi decenni da norme e interpretazioni giurisprudenziali che hanno tradito lo spirito originario del codice di rito, non si può più transigere, si deve lottare!”